Si è svolta domenica 4 Agosto l'edizione numero 88 del Palio del Golfo. La gara è stata vinta nella categoria senior dal Marola perciò ripropongo questo articoletto che avevo scritto nel 2003 per la rivista "L'Arsenale delle idee" e che ora è più che mai attuale.
Evviva!
Cercando su
internet la voce “Palio”, si trova un interminabile elenco di
manifestazioni sparse per l’Italia che portano questo nome. Su
tutte spicca il Palio di Siena, indubbiamente il più famoso, anche
se, dal mio punto di vista, assurdo e cruento per il modo in cui
vengono trattati quei poveri cavalli... Va bene, lo ammetto, sto
cincischiando perché non so cosa scrivere sul Palio del Golfo.
Intanto perché, in ambito locale, è già stato detto tutto e poi
perché io non sono propriamente una tifosa pur abitando in una
borgata. Non ho mai partecipato a una sfilata, né come
organizzatrice, tanto meno come manifestante, perché non amo le
carnevalate, sopratutto se avvengono sotto un cocente sole d’agosto.
Ricordo di averne vista una soltanto, un po’ di anni fa, sotto
l’ombra smunta di un arancio di Corso Cavour e di aver deciso di
non vederne altre. Il Palio vero e proprio, invece, non me lo perdo.
Però, siccome sono un’irriducibile snob con la puzza al naso, lo
guardo in televisione. Chi me lo fa fare di partire nel primo
pomeriggio, in un’ora in cui perfino le lucertole si nascondono,
per andare a conquistarmi un posto in prima fila e poi mantenerlo
fino a tarda sera? Nel mio giardino c’è un comodo lettino e un
olivo ombroso, basta portare il televisore fuori e... il gioco è
fatto. Forse, se avessi una barca...
Durante le
gare preliminari mi annoio un po’ e ne approfitto per innaffiare i
fiori, sbirciando lo schermo con falsa noncuranza ma, al momento del
via, sono lì incollata e remo con i vogatori.
Sudo con
loro e urlo con la folla, non riesco a tenere le gambe ferme e remo
anche con i piedi. Insomma, mi stanco moltissimo.
Ma ecco che
la barca del mio paese è in testa, i miei famigliari fanno il tifo,
io no. Sto muta, mentre un brivido d’emozione mi scende per la
schiena e mi fa venire la pelle d’oca. Che sta facendo quella
barca? Non vorrà mica superarci? E no, non può passarci avanti. Lo
speaker deve essere tifoso dell’altro armo perché continua a
insistere che ci ha superato. Superato un corno: siamo primi. Forza
ragazzi, siamo tutti con voi nel momento in cui tagliate il
traguardo. Vedo amici e conoscenti che si buttano in mare, ridono,
piangono, lanciano fumogeni. Fanno saltare la barca per aria... Io
faccio finta di niente e vado a prendere la mia bandiera dal
cassetto, l’appendo al balcone con noncuranza, come se fosse un
dovere. Vedo che anche dagli altri balconi sventolano le bandiere con
i colori della nostra borgata e mi sale un groppo di commozione. Poi
sento che stanno tornando indietro a piedi, per festeggiare, alcuni
fanno i caroselli col motorino. Cantano e suonano, fanno un casino
infernale. Scendo sulla strada principale ad aspettare il corteo e,
quando lo vedo sbucare da dietro la curva, mi spunta una lacrima in
un angolo dell’occhio. La ricaccio furtiva e mi giro intorno per
accertarmi che nessuno l’abbia notata. Ora il corteo mi sta
passando a fianco, qualcuno dei miei conoscenti, in preda a un
raptus, si ferma e mi abbraccia, altri salutano con la mano. Hanno
lanciato un razzo in mezzo ai rovi che hanno preso fuoco...ci mancava
anche un incendio stasera.
Mi accodo a
quella massa saltellante e caotica e vado composta alla marina e poi
nel cuore del paese, in quei vicoli che non ho più percorso dai
tempi della scuola, su per la scalinata della chiesa, le campane
suonano a festa... Stanno cominciando i fuochi d’artificio ma noi,
stasera, non li vedremo. I flash delle macchine fotografiche, gli
ex-compaesani che sono tornati apposta per l’occasione, il vino che
scorre a fiumi e gli slogan che vengono scanditi, i balli
improvvisati sui tavoli di legno...
Concedo un
sorriso alla notte stellata.
Marameo! La
tua borgata non ha vinto, la mia sì.
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